Nella prima metà dell’Ottocento il naturalista Carlo Vittadini classificò un tartufo molto apprezzato nei secoli dalle nostre popolazioni e che ha il suo habitat naturale nel comprensorio dei Monti Picentini, associato prevalentemente a pianta di faggio o di pino nero, tale tartufo fu denominato: “Tuber Mesentericum Vitt” o “Tartufo nero di Bagnoli”.
E’ un tartufo dall’odore penetrante; il suo nome scientifico deriva etimologicamente da greco “Mesenterion” (Mesenterio), menbrana che avvolge l’intestino tenue che all’altezza dell’ombelico presenta la caratteristica invaginazione; il peridio del tartufo ha l’analogo infossamento nella sua parte più pianeggiante.
Negli ultimi anni questo tartufo sta incontrando sempre più il favore del pubblico e la fascia degli estimatori, prima confinata solo alle province meridionali, recentemente si è estesa alle regioni del nord Italia e all’estero ( Germania, Gran Bretagna ).
Da anni, nell’ambito dei programmi delle sagre autunnali nell’ultimo week-end di ottobre, a Bagnoli Irpino si tiene una mostra mercato di questo pregiato prodotto con un successo di pubblico sempre crescente.
La produzione di Tuber Mesentericum, stimata qualche anno fa dal nostro Comune, si aggira intorno ai 15000 kg a stagione.
Per la cronaca, un esemplare di circa gr.800, nel 1924 su inviato al Re d’Italia Vittorio Emanuele III, dal Comune; il sovrano apprezzò molto il gesto. Negli anni ‘80 altri esemplari di notevole peso furono recapitati al nostro amato Presidente Pertini.
Il “Tuber Mesentericum Vitt” (Tartufo nero ordinario, o tartufo nero di Bagnoli)
Il T. mesentericum è presente sui Monti Picentini in terreni a pH sub-acido o neutro sotto varie piante quali il faggio, il carpino, il nocciolo selvatico, ma anche sotto conifere da rimboschimento ( pino nero ). La raccolta dei tuberi viene fatta in autunno-inverno fino a primavera.
Il carpoforo o corpo riproduttivo è irregolarmente rotondeggiante, di solito della grandezza di un uovo o poco più. Ha scorza bruno-nerastra con verruche piramidali non molto grandi, screpolate e poco rilevate. La polpa ( gleba ) varia dall’ocra al bruno e al grigio ed è marmorizzata da venature bianche.
Allo stato maturo emana un odore forte, caratteristico, di alcool iodato, inebriante e stimolante allo stesso tempo. Il sapore è squisito, gradevole, morbidamente amaro, molto appetitoso; per assaporare il suo aroma andrebbe consumato crudo, a fettine sottilissime, sparse su mille pietanze, al sapore delle quali si amalgama, conferendo all’insieme un gusto nuovo ed inimitabile.
Ottimo commestibile, ricercato da buon gustai e da tutti i poeti della gastronomia, oltre per la sua prelibatezza, va sempre più incontrando i favori di un pubblico vasto e composito anche per le sue quotazioni più accessibili.